Mi sovviene, al calar della sera,
la brezza marina che scortava
l’odore di zagara, fiorita a marzo,
anteprima del mandarino da gustare
al tramontare dell’anno che scorreva.
E l’afa dell’estate arida di piogge
utili per soddisfare l’arsura
della terra e delle anime.
Il giorno e la notte e poi l’autunno
con le prime frescure e l’inverno
con il Natale orbo della pioggia
sempre pigra a inumidire la terra
desiosa di lacrime celesti.
I cani, che non erano randagi,
liberi di occupare gli spazi
in ogni tempo, inseguivano
con gioia galline che razzolavano
nell’atrio sterrato dove le ragazze
inseguivano sogni con in mano
il telaio ed il lenzuolo da ricamare.
Solo i vecchi, la schiena curva e stanca,
attendevano le ombre della sera e la frugale
cena per raggiungere il giaciglio dove
appoggiare le ossa e attendere il domani.
Sfumano ricordi, affetti, amori e l’Isola.
All’orizzonte nubi consultano il futuro.
Giuseppe Romano
9/10/2025