giovedì 23 luglio 2020

Una considerazione

Nel Maggio del 1970, vinto un concorso pubblico nell'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, incardinato allora nel Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile, fui assunto presso la Direzione Compartimentale di Milano e destinato all'Ufficio Telegrafo della Stazione di Milano Centrale. Cominciai, quindi, la mia avventura presso un Ente Statale, trasferendomi dalla mia Città natale (Palermo) alla Metropoli Milano, ancora giovane e di belle speranze. Pur nelle difficoltà iniziali derivate dall'essere considerato anch'io un immigrato in quanto meridionale, con tutto quello che comportava tale definizione che ci portavano dietro (difficoltà a trovare alloggi, isolamento, frequentazioni di bettole per risorse limitate, tutti mafiosi, ecc.) (poi vennero gli albanesi, gli africani, gli indiani, ecc. nuovi bersagli dei benpensanti a cominciare di un certo Umberto Bossi) iniziai il mio periodo dell'anno di prova con annessa integrazione, ovviamente in salita, nella nuova realtà lavorativa. Trascorso l'anno di prova, al fine di essere inseriti negli organici stabili dell'Azienda, si doveva giurare fedeltà alla Repubblica Italiana, cancellandosi da eventuali Albi Professionali dei quali si faceva parte per evitare conflitti di interesse (personalmente ero iscritto all'Albo dei Geometri della Provincia di Palermo).
Quel giuramento, dopo mezzo secolo, è ancora fissato nel mio cuore perchè è il simbolo di una fedeltà a cui non sono mai venuto meno.
Leggo adesso di delinquenti che infangano le loro divise per mero denaro, con l'aggravante che altri delinquenti di tastiera speculano sulla provenienza di questi individui.
Non abbiamo ancora capito che è l'individuo che sbaglia, senza tenere conto della provenienza. Ma l'uomo piccolo non può diventare improvvisamente grande.
Ed io continuo a pensare a quel giuramento che è inciso nel mio cuore.

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