Cani legati
Non vedo cani per le strade.
Legati tutti alle gambe del padrone.
Girano il capo per non fissare il Mose,
lasciato a riposare, e i mendicanti, tesa
nella mano, che attendono il domani.
Rimane alta l’acqua, col povero che sniffa
il fumo dell’arrosto apprestato nel giardino.
Sulla collina il padreterno dispensa rosari
agli indigenti, colpendo a caso, fiducioso
di ascesa in paradiso dall’ingresso basilare.
I morti, orbi di replicanti, seguitano il viaggio
in terza classe, con il teatro vuoto ed i vecchi
serrati nelle case, sollevati da virologi saccenti,
detentori di massime infallibili e arroganti.
Priva di venti, la terra cinge gli influssi lunari e
muta stagioni a piacimento, ricordando che
la neve, d’inverno, ammantava le montagne.
Anche Pablito decide di migrare per incrociare
Diego ed indossare lassù gli scarpini di una vita.
Il sevo che cola, raccolto in protetti tini, orbato
alla vista del volgo, implicato, di già, in legacci.
Con i cani, privati di denti, posti a fissare fanali.
Giuseppe Romano
11/12/2020
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